Sognata, rimandata tante volte ma finalmente realizzata. Ormai sapete che la Val Grande mi ha stregato, non esiste nessun altro luogo così selvaggio nelle Alpi. Mi mancava però la traversata più bella, quella che percorre integralmente il Rio Valgrande fino a In la Piana, con il mitico passaggio dell’Arca. Qui si vive davvero l’isolamento estremo, anche se le nuova ferrata del Selvaggio Verde ha reso molti passaggi meno pericolosi.
Partenza da Bignugno
Partiamo con due auto. Lasciamo la prima a Colloro, punto di arrivo della nostra traversata. Conviene lasciarla al parcheggio posto immediatamente prima della strada con divieto di accesso. Si risparmia qualche chilometro al rientro. Ci spostiamo quindi verso Cicogna; poco prima del Ponte di Casletto parte il sentiero per Bignugno. Lo spazio per posteggiare è limitato, ci stanno forse 4 auto. Saliamo fino alla Cappella Or Vergugn, dove vediamo per la prima volta tutta la valle che dovremo percorrere. Da qui in poi il sentiero prosegue in leggera discesa, diventando subito meno battuto e accidentato. Dobbiamo superare diversi tronchi caduti lungo il percorso. Nessuna difficoltà fino al Ponte di Velina, a parte le pietre bagnate che diventano delle saponette.
L’inizio della ferrata
Poco sopra il ponte — raggiungibile con una deviazione extra di 5 minuti — inizia il tratto attrezzato. Ci mettiamo l’imbrago e il cordino di sicurezza. Non abbiamo un vero kit da ferrata, a mio avviso è superfluo se si è abituati a questo tipo di terreno. Il cordino serve proprio come protezione in caso di scivolate. Per i meno esperti consiglio comunque il kit, o almeno un cordino dinamico. Si può fare anche senza, ma è un bel rischio. Ci sono punti in cui una scivolata può risultare fatale, e lo zaino pesante aumenta la possibilità di perdere l’equilibrio. Si procede lungo la destra orografica del Rio Valgrande, su sentiero spesso stretto ma sempre attrezzato nei tratti più difficili. Gli attraversamenti dei torrenti sono abbastanza semplici, tranne uno, dove bisogna muoversi con molta delicatezza su rocce bagnate. Arriviamo al Bivacco di Orfalecchio verso sera.
Da Orfelecchio all’Arca
Il bivacco ha la luce, ma inaspettatamente non l’acqua. Muniti di frontale andiamo a riempire un bottiglione di vetro trovato all’interno. Basta seguire il sentiero verso l’Arca, dopo 5 minuti si trova un torrente. Ci prepariamo un grande classico dei bivacchi. Tortellini in brodo, una goduria. Nella zona letto superiore ci sono delle comodissime brandine, si dorme benissimo. Assicuratevi di appendere gli zaini e il cibo, nel bivacco risiedono dei ghiri. Ci svegliamo presto, davanti a noi infatti abbiamo la tappa più impegnativa del trekking. Le prime luci illuminano il Pedum e la Val Cavrì, uno dei luoghi più remoti della valle, inserita nella riserva integrale. Il sentiero diventa più impegnativo con diverse salite e discese. La vegetazione spesso ingloba la traccia ed è difficile procedere.
Dall’Arca a In la Piana
Un’ultima ripida salita con successiva discesa ci porta al ponte sospeso dell’Arca. Niente d difficile, un volta qui bisognava guadare il torrente. Breve pausa e ripartiamo. Dall’Arca in poi bisogna affrontare il tratto più impegnativo. Si parte con una salita molto ripida, che permette di guadagnare quota e superare i salti di roccia sopra il torrente. La traccia diventa meno evidente e dobbiamo fermarci spesso per ritrovare i bolli rossi, non sempre visibili. Breve traverso seguito da un’altra salita ripidissima nel bosco. Da qui in poi è tutto un saliscendi sulla sinistra orografica del Rio Valgrande. Ci sono meno tratti attrezzati e l’esposizione è maggiore. Arriviamo infine al secondo ponte sospeso, quello che permette di superare il Rio Fiorina. Anche qui una volta bisognava fare un guado. Stremati arriviamo a In La Piana al calar del sole. Un momento davvero emozionante, tutte le volte che passavo da In la Piana, mi dicevo: “prima o poi arriverò da lì!”. Finalmente ci sono riuscito.
Da In la Piana a Colloro
La notte a In La Piana è sempre bella, un luogo magico anche se molto frequentato. Per cena preparo un risotto ai funghi Knorr con il tocco segreto ovvero, una sottiletta di parmigiano reggiano per mantecare il tutto. Il giorno dopo ci alziamo con calma, il percorso lo abbiamo già fatto e lo conosciamo bene. Prima leggera salita poi discesa verso il ponte sul Rio Val Gabbio. Strappo ripido nel bosco fino all’Alpe Colletta, poi traverso fino all’Alpe Serena e quindi strappo finale fino alla Colma di Premosello. Pausa pranzo con pollo al curry liofilizzato e caffè con la moka, un must. Lunghissima discesa finale fino a Colloro, stanchi ma soddisfatti rientriamo all’auto.
Considerazioni finali
Un trekking stupendo e impegnativo. È forse il più bello della Val Grande. Qui ti senti davvero fuori dal mondo. La ferrata ha un po’ rovinato questa magia ma di sicuro ha reso la traversata più sicura. I tratti attrezzati sono semplici ma non sottovalutateli, soprattutto in autunno dove le foglie e le rocce bagnate diventano insidiose. Farsi male qui significa passare dei guai. Portatevi un dispositivo gps per chiamare i soccorsi, il telefono non prende mai. Calcolate bene i tempi, soprattutto il giorno dell’Arca. Noi ci abbiamo messo 10 ore. È vero che mio papà è lento — anche se a 78 anni non so quanti riuscirebbero a farla — ma il percorso è tosto, e la tensione è sempre alta. Lo zaino pesante poi fa il resto. Io l'ho fatta con le scarpette da trail in goretex, ma uno scarponcino alto ci starebbe bene.