Sulla cresta finale del Diavolo di Tenda
Sulla cresta finale del Diavolo di Tenda

Le giornate si stanno accorciando e non è più tempo di lunghe camminate. Le cime delle Alpi Orobie sono quindi la meta ideale. La salita al Monte Aga dell’anno scorso mi avevamesso a contatto con gli ambienti del’alta Val Brembana e l’esperienza di mio padre al Pizzo, mi ha convinto a prenotare il taxi che dal parcheggio di Carona località Pagliari porta sotto il Rifugio Calvi. Eticamente non è il massimo, ma la camminare in mezzo alle jeep non ne vale proprio la pena! Quindi si parte per il Pizzo del Diavolo di Tenda. Arrivati alle 6.45 al parcheggio, pagati i 2 Euro del gratta e sosta, partiamo con il taxi, io lo Stefano e mio padre ed altri tre, alle 7,15 ed in mezz’ora siamo alla Baita della Costa della Mersa sotto la diga del Lago Fregabolgia a quota 1896 m. Ci siamo risparmiati così gli otto chilometri della strada e due ore di cammino, oltre ad avere goduto della piacevole compagnia del nostro autista esperto conoscitore della zona. Il tutto per 10 Euro a testa.

Ora si cammina prendendo il sentiero 210 per il Rifugio Calvi e poi per il 225 che, dopo aver costeggiato brevemente il Lago Rotondo porta verso il Rifugio Baroni o Brunone. Il tempo non è dei migliori ma contiamo sulle previsioni che danno nubi e foschie in sollevamento verso metà mattina. Dopo la balza delle cascate del fiume Brembo arriviamo alla piana sovrastata dalla nostra meta. Qui individuiamo un sasso in mezzo all’erba con la scritta e la freccia per il Pizzo del Diavolo e ci dirigiamo, individuando a fatica nella foschia, un grosso ometto che segna l’inizio della salita alla Bocchetta di Podavit. Il sentiero si perde in tracce non sempre evidenti, ma si rimane comunque guidati da bolli e triangoli bianchi e rossi. Per sfasciumi e blocchi arriviamo alla Bocchetta di Podavit a quota 2624 m. Qui breve sosta per un spuntino e calzato il casco cominciamo a salire la cresta W che ci porterà in vetta.

Seguiamo una labile traccia contrassegnata da bolli e triangoli bianchi e rossi, e rimanendo sempre sotto il filo di cresta sul versante S. Bisogna stare molto attenti a non perdere il percorso per non andare a prendere passaggi più difficili e rognosi per la pessima qualità della roccia. Sono le Orobie! La salita avviene su pasaggi massimo di II grado, ma l’attenzione è comunque massima per gli appigli non sempre fissi ed il pericolo di smuovere sassi su chi ci sta seguendo. A quota 2750 circa troviamo le prime tracce di neve fresca caduta nella notte. Niente di preoccupante, dobbiamo solo prestare maggiore attenzione. Ultimi metri con qualche affaccio sulla parete N e poi in vetta del Pizzo del Diavolo di Tenda 2914 m, dove ci accoglie un bel panorama di nebbie, nubi, foschie e solo qualche sprazzo di azzurro sopra le nostre teste.

Con cautela ed avendo calzato i ramponcini sopra le scarpette, più per una maggiore tenuta sugli sfasciumi e sul ghiaetto che per la neve, ripercorriamo il percorso di salita. Sosta per un pensiero di fronte alla lapide che ricorda il nostro socio del CAI di Seregno Renzo Cabiati qui caduto nell’inverno del ‘74 e poi deviazione per il sentiero 248 fino al Rifugio Longo e da qui a Pagliari. Salita non entusiasmante per via delle condizioni meteo e la qualità del percorso. Su Vie Normali è riportata F con il solo uso degli scarponi, non vi fidate è un PD- e portatevi il casco e nel caso anche i ramponi: nel nostro caso l’accoppiata scarpette da trail più ramponcini in gomma si è rivelata, come spesso accade, la soluzione migliore!